LA STRANA STORIA DEL GOVERNO ALL’OPPOSIZIONE DI SÉ STESSO, MA NON TROPPO
Il decreto-legge 19/2024, intitolato “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” è l’ennesimo provvedimento incostituzionale – l’art. 77 prevede il ricorso al decreto solo in casi straordinari di necessità e di urgenza – in cui il governo inserisce una gran mole di disposizioni eterogenee e spesso scritte mediante rinvio ad altri provvedimenti legislativi al fine di rendere incomprensibili le norme.
Nel testo originario del decreto, all’art. 43, il governo aveva sentito la pressante esigenza, in vista di eventuali emergenze sanitarie e per agevolare – bontà sua – il rilascio e la verifica delle certificazioni sanitarie, di utilizzare a tempo indeterminato la piattaforma nazionale digital green certificate, nell’inglese maccheronico tanto caro al patrio legislatore, cioè a prorogare in eterno il famigerato green pass rimettendo ad uno o più decreto del Ministro della salute l’individuazione dei nuovi certificati che saranno indispensabili per le future pandemie. Il tutto per il non trascurabile costo di euro per il 2024 e di all’anno a partire dal 2025. Il finanziamento di questa improrogabile misura sarebbe stato tratto dal fondo stanziato per risarcire le vittime dei “pasticcini“.
Avvedutosi dei grandi malumori che questa misura ha causato il governo ha deciso di correre ai ripari affidando al Ministro della “salute” Prof. Schillaci una serie di reboanti dichiarazioni opportunamente veicolate dalla stampa in cui preannunciava un emendamento che avrebbe modificato questa norma ed assicurava i cittadini che il governo non aveva alcuna intenzione di aderire al green pass globale.
Il 30 aprile è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 56/2024 di conversione del decreto-legge. Il nuovo articolo 43 ha compiuto il miracolo legislativo gattopardesco di cambiare tutto per non cambiare niente. Tolti, infatti, i riferimenti al famigerato green pass e al decreto-legge 52/2021 il governo ha utilizzato una nuova e sibillina formulazione: “con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate le modalità tecnologiche idonee a garantire il rilascio e la verifica delle certificazioni sanitarie digitali, in conformità alle specifiche tecniche europee e internazionali.”
Il green pass, cacciato dalla porta dalle interviste del Ministro Schillaci, rientra la finestra sotto forma di conformità alle specifiche tecniche europee e internazionali. Che si tratti esattamente della stessa cosa prevista dalla vecchia formulazione emerge dal secondo comma. Infatti, le certificazioni sanitarie digitali costeranno esattamente quello che doveva costare la proroga sine die del green pass, cioè euro per il 2024 e euro per gli anni a partire dal 2025.
Non hanno avuto lo stomaco, almeno questo, di confermare l’utilizzazione del fondo per i danneggiati da “pasticcino“. I denari per finanziare le inutili certificazioni sanitarie digitali verranno dai residui passivi perenti, cioè da poste di bilancio a debito dello stato, ma non più esigibili e quindi da passare all’attivo.
Il testo del vecchio e del nuovo art. 43 del decreto-legge 19/2024 è consultabile su questo link:
Che i politici mentano è cosa risaputa, che non mantengano le promesse è noto a tutti, ma essere presi in giro è fastidioso, specie se a farlo è un governo che non ha compiuto nessun atto concreto per assicurare alla giustizia i responsabili del feroce attacco alle libertà fondamentali commesso a partire da febbraio 2020. L’italiano è paziente e si adegua a tutto, ma essere preso per fesso può darsi che susciti delle reazioni.
Almeno è ciò che ci auguriamo.
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